mercoledì 4 marzo 2009

Omaggio al Nume Tutelare - La politica come rischio (prima parte)

E' giunto il momento di rendere omaggio all’attuale (e provvisorio, credo) nume tutelare di questo blog. Senza avere la voglia, né la possibilità di indugiare in una ricognizione del pensiero del nostro Michelino, ritengo che chiarificare il senso di una mia visione estetico-critica, sorta dal contatto con alcuni aspetti della teoria foucaultiana, possa rendergli maggiore giustizia rispetto ad un compendio anonimo. Come avrete intuito dal mio precedente post, arte e salvezza (ed il loro problematico rapporto) sono per me tematiche imprescindibili ed inscindibili per una comprensione di svariati fenomeni del moderno. Siamo in una campo totalmente diverso da quello di Foucault, eppure la sua inarrestabile macchina (o, con lui, "dispositivo") è così potente che può operare anche al suo interno.

La contorta via che ho percorso prende l' abbrivio dall' assunzione foucaltiana che il potere, almeno oggi, non possa essere pensato in termini repressivi. Esso ha bisogno piuttosto che tutto un campo di piaceri, condotte, abitudini, discorsi, si dispieghino in un territorio sul quale attecchire le sue maglie normalizzatrici. Il processo emancipativo è precisamente il processo di spiegamento del vivente che può essere utilizzato come materiale per un dispositivo di sapere-potere coestensivo alla nostra vita, alla vita del vivente appunto. L' emancipazione è l' iscrizione della vita all' interno del potere che controlla e sorveglia. Questa prospettiva sembra non lasciare alcun margine di riscatto all' individuo, catturato all' interno di questo orizzonte, anzi formato (in senso forte) proprio da esso. L' assoggettamento gli è coessenziale, le sue categorie di pensiero, le sue condotte, sebbene apparentemente in scontro dialettico con quello di altri individui, rientrano tutte all' interno di uno stesso sistema di norme.

A questo punto è lecito interrogarsi, oltre Foucault e grazie a Foucault, se sia lecito o meno attendersi una qualche salvezza in questo freddo reticolo individuante e normalizzante. La mia risposta è affermativa. Per esser tale deve essere tassativamente una salvezza dell' irriducibile o dell' eccezione. Anzi essa si radica sull' assoggettamento delle masse. Il limite di certo approccio marxista è quello di essere non solo una filosofia sulla norma, ma anche della norma. Ciò lo intrappola in una unilaterale visione pseudo-scientifica o proto-oggettiva, all' interno della quale l' uomo perde uno dei suoi volti di luce.

L' uomo deve cercare la sua umanità, secondo il nietzschiano "facciamo un tentativo con l' umanità", perché non ha con sé più alcun Dio che gli indichi come portare a compimento una umanità pre-stabilita. Nel progettare la sua umanità, egli è esposto alla cattura di questa umanità in dispositivi di potere sociale. Questa ricerca è l' epifenomeno dell' essenza storica dell' uomo. L' uomo diviene, e le strutture di potere sono l' ermeneutica che di volta in volta sciolgono l' enigma su cos' è l' uomo. Per questo quella di Foucault è un' archè-ologia o una genealogia. Foucault cerca l' origine delle determinate forme di esistenza politica dell' uomo che si danno di volta in volta nella storia.

Viene da sé quindi che cercare una liberazione definitiva dell' umanità, sovra-storica, significa intraprendere l' impossibile opera di rianimazione del vecchio Dio, e con lui di un umanità definita una volta per tutte. La macchina mitologica di Foucault quindi, sarà sempre qui ad infliggerci l' eterna pena di Sisifo, perché l' uomo è animale storico, e all' interno di questo spazio del divenire, l' umanità dell' uomo viene interpretata necessariamente in strutture di potere. Ma non indica piuttosto questo decreto mitico, la via autentica per la nostra liberazione?

by Gingko

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