"Nella società senza classi ogni uomo, come membro della società, collabora con gli altri membri della società, entra con essi in determinati rapporti di produzione e s'impegna nell'attività produttiva per risolvere i problemi della vita materiale. Anche nei vari tipi di società divise in classi i membri delle varie classi sociali entrano, in varie forme, in determinati rapporti di produzione e s'impegnano nell'attività produttiva per risolvere i problemi della vita materiale. Questa è la principale fonte di sviluppo della conoscenza umana"
Mao Zedong
sotto quest'ottica, il problema comunista mi sembra porsi in forte continuità con tutta la tematica del patto sociale, così come l'aveva lasciata in eredità Rousseau. Gli uomini si associano stringendo un patto che non può portare alla schiavitù di nessuno, poichè nessuno ragionevolmente l'avrebbe stretto a questa condizione, se non sotto minaccia, invalidando conseguentemente la sua adesione. Gli unici rapporti ragionevolmente leciti sono allora rapporti di collaborazione volti a garantire la sussistenza materiale della comunità sociale, e il suo sviluppo spirituale in seconda istanza. Ogni organizzazione sociale (potrei dire politica, ma oggi si usa dare una visione ideologicamente ristretta di questo termine, identificandolo con le cariche pubbliche, lo stato, ecc.) che finisce per assumere caratteri di sfruttamento è allora ontologicamente illegale. Tanto più in una società falsata al punto da non potervi più trovare un solo uomo libero seppur tiranno, poichè l'impalcatura sovrastrutturale porta a sentire come cattiva coscienza ogni moto di autentica coscienza. Così l'uomo perisce potendosi identificare esclusivamente con "l'agire di ruolo" (dato da ciò che la sua posizione nella società gli richiede), e negli sprazzi di tempo libero assumere forme apparentemente del tutto libere a patto che non si ripercuotino sulla pratica sociale volta alla produzione.
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