domenica 13 settembre 2009

Urgenze della volontà di potenza (lezione nietzschiana)

Larga parte delle crudeltà che costituiscono la rete di fondamento di gruppi sociali più o meno vasti, resta nascosta per motivazioni che appartengono alle strutture stesse del con-essere. "Crudeltà", concetto che vorrei fosse depurato almeno provvisoriamente da connotazioni morali, sta a qui ad indicare l' essenza conflittuale della comunità, dell' interazione. L' atto sociale è in ogni sua manifestazione un esercizio, o un tentativo di esercizio, di potere. Va da sé che la comunità stessa deve opacizzare a se stessa questa considerazione, per edificarsi, implicitamente, su tali conflitti. Consigliare, fuggire, derubare, manifestare o sottrarre consenso, sono tutte modalità dell' agire nel comune, e tutte intimamente conflittuali, perché rivolte in ultima analisi ad una manifestazione e ad un esercizio del proprio essere, anche a suo stesso detrimento. "Con-vivere, e quindi a tutti gli effetti vivere, è prendere posizione", si potrebbe affermare "detournando" una celebre affermazione di Michel Foucalt. Ciò significa assumere in piena consapevolezza, e prendere davvero sul serio, le tattiche della volontà di potenza nietzschiana. Questo concetto spiega le interazioni dell' uomo con l' uomo e con l' ambiente, come applicazione della propria energia, un cieco riversamento o scaricamento della propria forza, che solo a posteriori si conferisce un significato o, per parlare con Nietzsche, una "maschera". Potremmo prendere l' interazione tra due individui come modello-esemplare di questa struttura o strategia di potere: immaginando due individui posti in relazione frontale, la volontà di potenza agisce in modo tale che reciprocamente si tenti di esercitare il proprio dominio sull' altro, con una manifestazione del proprio essere, dove l' altro è il punto d' appoggio e la direzione della forza che si scarica. In seguito, necessariamente, una delle due parti non può che cedere, ma può attivare delle contro-strategie che rovescino le sorti del conflitto, e così via. Tuttavia questa forza, a meno che non si rimanga sul terreno del conflitto tra corpi, e forse neanche in esso, attende di essere significata da qualche forma, intellettuale, morale, poetica, filosofica, politica. La forza che vuole scaricarsi, non sa perché: tuttavia non può fare a meno di attendere un suo significato. Un buon esempio potrebbe essere quello dell' individuo le cui profondità inquiete, magmatiche, rissose, vivaci, soffrano nel rimanere imprigionate e tendano a trovare uno sbocco verso l' esterno, ad esempio nel malmenare qualcuno che abbia offeso qualche suo familiare, con la giustificazione dei valori dell' orgoglio e della famiglia. Questa forza è quindi costretta, paradossalmente, ad inventare il proprio avversario, con l' unico obiettivo di esercitarsi su qualcosa o qualcuno. E' evidente che in questa prospettiva non sono ideali o valori a precedere ed orientare l' agire umano, ma è vero piuttosto il contrario, ovvero che è l' agire a dover trovare ed inventare ideali o valori per esercitarsi. E' questo che intende Nietzsche, in uno degli aforismi che condensano in modo fulmineo tutto il significato della volontà di potenza, quando afferma che non si ama mai l' oggetto dell' amore, ma l' amore stesso. Non si tratta di proporre un egoismo o un individualismo, se non in via indiretta, in quanto l' energia iniziale nessuno si sognerebbe di identificarla con un individuo, un soggetto. L' esibizionismo inoltre è solo una conseguenza di quella forza immotivata e cieca che vuole fuoriuscire, e che quindi non si appaga del solo affermare un ideale o della sola verità, ma vuole assicurarsi che questo ideale abbia effetto e, di nuovo, si eserciti. Che questo acuisca l' attenzione su fenomeni quali i giudizi di gusto, sull' arte o sulle donne. Le scelte e le preferenze sono di norma arbitrarie, armi che il cavaliere disarmato della volontà di potenza ricerca sulla via del suo esercizio di potere. E questo potere, se non trova una via verso l' esterno, si appaga benissimo di applicarsi all' interno dello stesso soggetto.
Trovo che questa chiave di lettura illumini numerosissimi fatti quotidiani, dai quali, come in un palinsesto, possiamo leggere la filigrana dei conflitti che ne sono il sostegno. Enumererò, qui di seguito, alcuni esempi. Un' amico è entusiasta per le sue nuove scoperte in campo musicale, o cinematografico. Questi prodotti, proprio in quando consentono la sua individualizzazione (in senso foucaultiano e quindi nietzschiano del dar forma ad una forza cieca) gli permettono di inserirsi in una nuova configurazione di forze di fronte a coloro cui manifesta queste scoperte, anche di fronte a se stesso, in modo tale che non sia necessario ricorrere a semplicistiche spiegazioni di esibizionismo o di cattiva coscienza. Qui non nego che qualcuno possa realmente apprezzare esteticamente un determinato prodotto, in tutta buona coscienza; è mia intenzione mostrare il carattere derivato di questa valutazione. Un' altro caso quotidianamente verificabile è quello del fornire informazioni utili a qualcuno, ad esempio indicazioni stradali, consigli di ogni genere, in cui il "soccorso" che si fornisce all' altro è il veicolo più micidiale per soggiogarlo, per dominarlo.
So che questo elenco può apparire, ed in parte lo è, ridicolo, ma spero con essi di raggiungere la massima chiarezza possibile nel delineare, in casi semplici e lineari, la struttura conflittuale che sostiene l' interazione sociale.
Peraltro l’ autentico massacro avviene nelle guerriglie sociali condotte con gli strumenti delle più o meno raffinate tecniche di esclusione-inclusione in gruppi. Il caso più interessante è quello che si verifica nel momento in cui in un determinato gruppo la presenza di un individuo è fondamentale proprio in quanto continua minaccia da espellere. Il brutto, lo stupido, il poeta, il religioso, sono le figure che, senza escludere le altre, si offrono più volentieri alla convergenza di tutti i membri del gruppo, che acquista senso ed identità proprio nella loro esclusione. Qui è la potenza collettiva che deve esplodere, in modo da rendere possibile l’ auto- percezione del gruppo in quanto tale. E proprio qui si lascia ammirare tutto il significato di “dispensatore di senso” che la violenza esercitata in qualsiasi direzione porta con sé, donando senso a chi la esercita.
La compagnia di un amico, richiesta apparentemente disinteressatamente e con le migliori e più simpatetiche intenzioni, è in questi casi l’ indispensabile parafulmine dell’ inarrestabile brutalità del bagaglio di energia distruttiva che si accumula nei gruppi. Ed il gruppo, lungi dall’ esistere precedentemente, viene ad essere solo dopo quest’ atto di crudeltà. D’ altra parte, dalla prospettiva dell’ escluso, anch’ egli accresce la sua potenza ed acquista essere mediante l’ atto di esclusione. Tuttavia, in questo caso, ciò che è decisivo è il vigore spirito del potenziale escluso, che paradossalmente può raggiungere vette elevatissime proprio quando appartiene ad una delle categorie cui accennavo sopra. Nel caso in cui la potenza dell’ emarginato brami di scagliarsi con urgenza in qualche direzione (e la direzione più vicina è quella del gruppo che gli abbaia contro) essa non può saziarsi di manifestarsi sotto forma di vittimismo; tantomeno di esplicarsi nella magra collocazione in un posto, seppur subalterno, all’ interno del gruppo che, paradossalmente, mediante l’ esclusione include. E’ così che nascono le migliori arti, filosofie, e religioni: sono il grido di guerra delle vittime scampate al massacro dell’ armento affamato di coesione ed entusiasta identità, e che contro di esso si lanciano. Coloro che, impotenti di fronte all’ orda che attende il sacrificio, sanno di non poter riflettere su di essi l’ energia distruttiva che hanno bisogno di espellere, fanno della loro stessa vita una battaglia contro la vita. Ma non nel senso nietzschiano di ascesi o rigetto, quindi di auto-lesionismo. La loro è senza dubbio frustrazione, ma la frustrazione dell’ eccezione che vuole distruggere la vita perché vuole eccepirla, e non per svalutarla. Il loro compito è creare una vita d’ eccezione. Queste arti sono epocali, magnifiche giustificazioni di vite scartate e sofferenti, l’ estrema espressione di una volontà di potenza schiacciata e pure recalcitrante ed inarrestabile. “La pietra scartata dai muratori è divenuta testata d’ angolo”.

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