mercoledì 23 settembre 2009

Maledetto chi pende dal legno

Ci vergognamo della morte e della sua insignificanza, e lo stiamo dimostrando quanto mai in questi giorni.

La retorica intorno alla morte non è una smorfia innocua che la tv tesse intorno agli eventi che riesce a fagocitare. E' uno strumento politico che si esercita contro la morte anonima e priva di valore (dalla prospettiva mondana e quindi, a ben vedere, dalla prospettiva di ogni “valore” propriamente detto).

I militari uccisi non erano buoni, bravi, ed umani. L' attribuzione di queste qualità dovrebbe forse avvalorare la loro morte? In tal caso si tratterebbe solo di una sfrontata esibizione di cinismo, che dichiara di non saper cogliere il mistero della morte se non sotto compenso, ovvero sotto la retribuzione di valore. Così canticchiano i patrioti, gli umanitari e tutti i buoni che siedono a destra come a sinistra: "Tutto ciò ha un valore, quindi anche la sua fine ha valore. In caso contrario le nostre lacrime sarebbero sprecate". Ecco come la logica dell' ordine e quella dell' equilibrio oikonomico si introducono in faccende che non le riguardano. L' autentica tragedia è mancata e disconosciuta dai media, che per poter raccogliere materiale a loro confacente sono costretti a costruirne una omeostatica (dell' identità tra valore in vita e valore della morte).

Lo scoop e lo scandalo non fanno presa di fronte alla vera tragedia e alla vera morte. Per questo io dico che quei militari, dalla prospettiva non sono morti autenticamente e non hanno sofferto, così come le loro famiglie perbene e conservatrici. Hanno semplicemente ricevuto il loro compenso; i talebani prima e i media poi erano lì a fornirglielo. Lo scoop e lo scandalo possono attivarsi solo lì dove c' è la simmetria di questo compenso. "E' morte il Papa", "E' morto Berlusconi", "Sono morti 6 valorosi uomini di Patria", qui lo sporco valore mondano di un individuo entra in affari con la morte e cerca di tornarsene a casa con un guadagno pari al valore di ciò che le ha ceduto.

La vera tragedia e la vera morte sono quelle di Cristo. La morte di Cristo non è il più grande scoop della storia, ma esattamente l' opposizione più dura all' omeostasi tra valore mondano e valore della morte. Cristo è morto di una morte anonima, come un pezzo di carne sanguinolenta, nudo, pisciandosi addosso per il terrore, bestemmiando il Dio di Abramo. Gesù muore da maledetto dall’ uomo e dalla divinità. La sua è una morte che fa schifo, una morte vile, meschina. Il mondo gli ha concesso al più il valore di un criminale ("maledetto chi pende dal legno"), la sua morte è priva di qualsiasi valore, vergognosa. E' insignificante, di fronte agli uomini. Insomma si tratta di una morte autentica. Ed è questa morte che si dovrebbe ricordare a proposito dei parà, il loro annegare nel sangue piangendo come bambini e bestemmiando contro la Patria, rinnegando tutte le loro superbie militariste.

In “Homo Sacer” Giorgio Agamben afferma che bisogna ricordare che le vittime della shoà non sono le vittime di un sacrificio cultuale; al contrario sono morte “come pidocchi”. Ebbene Cristo è morto come un pidocchio, ed anche i sei militari lo sono, e solo ricordando ciò possiamo rendergli davvero giustizia, e non vergognadoci di questa morte. Perché non è affatto il loro valore mondano a rendere densa di significato la loro morte, e coloro che sono pidocchi di fronte al satanico reggente di questo mondo, sono trasfigurati per il reggente del regno a venire.

Due millenni di cultura cristiana di facciata non ci hanno insegnato nulla sullo scandalo rivelatore della croce. Esso provoca uno squilibrio tra valore e morte, lasciando scomparire il primo nella terrificante sovrabbondanza di significato della seconda. Laddove c’ era simmetria, ha portato la spada e l’ asimmetria. Rivela inoltre quanto sia terribile e poco nobile la sofferenza delle vittime. E’ una genuina macchina da guerra contro ogni ideologia identitaria, militarista, e contro ogni sacralizzazione del potere. Il potere è impotente, nell’ ora estrema.

L’ esplosione ha strappato via le medaglie ai paracadutisti, che agonizzano in preda alle convulsioni e alla paura, che maledicono questo mondo, se stessi e, per un ultima volta, Dio, prima di ricongiungersi a lui per l’ eternità.

Gingko

2 commenti:

  1. in proposito di ciò di cui parlammo l'altro giorno, gingko,

    è proprio dal fatto che alcuni, come me, lasciano i problemi fondamentali ad altri, come te, che deriva l'importanza di ciò che stiamo studiando. tutti dovrebbero occuparsene ma non tutti ne hanno la voglia e alcuni non ci hanno il "fisico" perciò chi se la sente si accolla il peso di pensare e capire anche per gli altri il motivo, il senso di ciò che essi sono e fanno. chi può deve occuparsene e deve farlo bene e onestamente perchè non lo fa per se stesso ma per gli altri e da qui deriva anche la necessità di essere il più chiari possibile. è un lavoro duro...ma qualcuno deve pur farlo!

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  2. gingko, nel mio caso specifico, invece di accollarti il peso di pensare e capire per me puoi pagarmi semplicemente le bollette, spicciarmi il bagno, potarmi la siepe?
    grazie

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